ATF Fund: Equita, ponte sui fondi quotati

L’Investment Bank fa da tramite tra mercato primario e secondario e crede in questo mercato, dove c’è interesse anche di istituzionali stranieri. Ecco l’opinione di Equita

Intervista a Alberto Schiesaro (Head of Business Development) e Laura Marani (Equity Trader / Specialist ATF) di Equita pubblicata su “The Van”

Fondata nel 1973 come Euromobiliare, Equita ha sempre conservato le sue storiche radici nell’intermediazione azionaria e nella finanza aziendale. È nata infatti come una delle prime merchant bank private e poi, negli anni, operazione dopo operazione, ha conquistato un ruolo chiave sul mercato italiano dei capitali. I suoi punti di forza? Un forte radicamento sul mercato domestico e criteri di indipendenza e trasparenza, che hanno dato vita a un modello di business oggi focalizzato su cinque aree complementari e sinergiche: Sales & Trading, Proprietary Trading, Investment Banking, Alternative Asset Management, tutte supportate dall’Equity Research.

La recente IPO (Initial Public Offering) che l’ha portata a sbarcare sul segmento AIM Italia di Borsa Italiana è stata realizzata al fine di crescere e rafforzare il posizionamento proprio in queste aree chiave. Ma Equita non si è lasciata sfuggire neppure l’opportunità di agire sul mercato dei fondi aperti quotati, in cui, spiega Laura Marani (Equity Trader e specialist ATF), «siamo stati il primo intermediario a svolgere l’attività di operatore incaricato con l’esordio dei fondi AcomeA Sgr nel mercato ATFund».

Il ruolo di Equita: “ponte” tra mercato primario e secondario

Equita oggi fa da tramite tra il mercato primario, ovvero il collocamento da parte della Sgr, e il mercato secondario, creando una “scorciatoia” tra il cliente e la società di gestione. Più tecnicamente, il suo ruolo è di seguire gli scambi sul mercato telematico, aperto dalle 8 alle 11, intervenendo solo nei cinque minuti che precedono l’asta di chiusura tramite l’inserimento delle quantità di quote in acquisto o in vendita necessarie per bilanciare il mercato. «L’operatore incaricato può solo inserire l’ordine di bilancio senza poter specificare il prezzo con il quale realizzare la contrattazione. Sarà la banca depositaria a occuparsi, il giorno successivo, di calcolare il valore effettivo delle quote (NAV, Net Asset Value, ndr) – aggiunge Laura Marani –. È quindi essenziale per l’operatore incaricato non solo procedere alla negoziazione, ma anche dare inizio a tutto il processo di comunicazione dati per giungere al settlement, il perfezionamento della transazione, consentendo alla società di gestione di emettere nuove quote o cancellarle». Detto con altre parole, «il servizio di presidio al book di negoziazione è solo la punta dell’iceberg: è fondamentale riuscire a condurre l’intera operazione fino al regolamento, che passa spesso da diverse controparti con cui occorre trattare».

«Essere tra i primi è stato un vantaggio»

Ma che benefici ha tratto Equita in termini di visibilità e di rapporti con i clienti (specie istituzionali) dallo sbarco sul segmento dei fondi quotati? «AcomeA ha deciso fin da subito di quotare praticamente tutti i fondi della sua gamma, facendo da apripista in questo segmento. Sicuramente essere stati i primi ad affiancare Borsa Italiana e AcomeA ci ha facilitato, solo pochi mesi dopo, nel riuscire a portare il primo grosso fondo fixed income americano TCW sul mercato ATF, aumentando l’offerta del comparto», risponde ancora Laura Marani. «Negli ultimi mesi – conclude – stiamo peraltro notando parecchio fermento sia da parte di alcuni nostri clienti istituzionali e di altri nomi internazionali che vorrebbero quotare i loro fondi proprio alla luce dell’entrata in vigore della MiFID II».

La vera svolta? Solo con i grandi player internazionali

Uno scenario ottimale, quindi, anche se tutto è migliorabile. Anche per quanto riguarda il mercato dei fondi quotati. «Siamo dell’idea – interviene Alberto Schiesaro (Head of Business Development) – che uno slancio significativo potrebbe arrivare se numerosi grandi player internazionali decidessero di quotare i loro fondi sul mercato italiano come canale complementare al collocamento tradizionale. Solo così s’innescherebbe una sana competizione tra i due canali, portando nel comparto un’offerta più variegata e completa.E l’avvento di MiFID II, la direttiva europea rivolta a chi opera nei mercati finanziari? «Con la sua attenzione ai costi finali per gli investitori sta già avendo un impatto sul settore. Ci aspettiamo che possa dare un forte impulso per eliminare la diffidenza che ancora si percepisce da parte dei tradizionali canali di collocamento», argomenta ancora Schiesaro, che spiega anche i vantaggi derivanti dal mercato dei fondi quotati per tutte le tipologie di investitori: quelli istituzionali «per l’immediatezza dell’investimento e la facilità di acquisto dello strumento quotato, al pari di una qualsiasi obbligazione»; il cliente retail, invece, che “può beneficiare dei minori costi di collocamento di questo canale alternativo grazie a una commissione di gestione spesso inferiore. Questo segmento, quindi, rappresenta una valida alternativa, al pari degli ETF, per chi preferisce selezionare personalmente gli strumenti nei quali investire: una scelta più ampia non può che favorire la trasparenza e l’efficienza del mercato a vantaggio di tutti».